Colombo: il ritorno

È ora di lasciare il piacevole fresco di Kandy e di ritornare a Colombo, dove di notte prenderemo un volo per tornare a casa. Per raggiungere l’ex capitale dello Sri Lanka scegliamo il treno, lo stesso che avevamo visto il giorno del nostro arrivo. Prendiamo i biglietti in terza classe e realizziamo subito che saranno tre ore e mezza molto lunghe. Il treno, infatti, è stracolmo e facciamo fatica ad entrare. Dentro troviamo di tutto: passeggeri, valigie, scatoloni, venditori ambulanti che salgono in corsa e riescono a districarsi nell'intrico di corpi e oggetti. Nonostante ciò, conquistiamo uno spazio in piedi fra il bagno e l’entrata che rimane aperta per tutto il viaggio lasciando intravedere paesaggi straordinari. Grandi montagne e foreste lussureggianti ci aiutano a sopportare la fatica per le ore che ci separano dalla nostra ultima destinazione.

Una volta arrivati nella città in cui il nostro viaggio è cominciato, facciamo un giro nel vivace quartiere di Pettah. Entriamo infatti in un mercato al chiuso che distribuisce un grande quantità di frutta e verdura all'ingrosso. Proseguiamo tra le viuzze della zona finché non ci imbattiamo in una moschea bianca e rossa che cattura la nostra attenzione per la sua bellezza e imponenza.

A dire il vero, abbiamo deciso di tornare a Colombo con il primo treno della mattina perché l’amica di Laura ci ha consigliato di vedere un'esposizione artistica nell'ex complesso alberghiero Rio. Non potete perderlo se siete delle geografe! ha esordito, richiamando la nostra attenzione. Quando arriviamo capiamo il perché: l’hotel Rio con il suo cinema annesso è un palazzo che mostra in ogni sua stanza i segni del tragico luglio nero del 1983, ovvero del pogrom anti tamil che scatenò la guerra civile.

Il nascente gruppo delle Tigri per la liberazione della patria tamil (Ltte) aveva ucciso tredici soldati singalesi in un’imboscata per vendicare a sua volta il massacro di civili nel nord del Paese. L’episodio scatenò la reazione di folle inferocite di singalesi che nei giorni successivi assaltarono le case e gli esercizi commerciali dei tamil della capitale, tra cui il suddetto hotel, che fu dato alle fiamme. La distruzione e la carneficina proseguirono fino al 30 luglio, estendendosi anche alle città tamil della costa orientale.

La mostra "Shadow Scenes" allestita all'interno dell'hotel abbandonato si riappropria di un tragico luogo della memoria collettiva, da tempo in disuso e dimenticato, e lo trasforma in un archivio del presente. Notiamo che vi sono artisti tamil, cingalesi, indiani, europei che con diversi stili e sperimentazioni forniscono uno spaccato della realtà di questo paese.

Ci colpisce in particolare lo svelamento della retorica da ‘città del futuro’ che pervade i programmi di Colombo. Ad esempio veniamo molto colpiti da una mostra fotografica dedicata agli abitanti del quartiere di Java Lane, situato nei pressi di Slave Island. Le fotografie mostravano la quotidianità degli abitanti del luogo prima che questo venisse raso al suolo per far spazio a nuovi progetti edilizi. Cosa ne è stato di queste persone adesso non ci è dato saperlo. Con questo appeal alla modernizzazione, infatti la città attira investitori stranieri, soprattutto cinesi, e molti dei suoi quartieri  tra cui Union Place e Slave Island, rischiano di subire la stessa sorte per dare vita a nuovi progetti di sviluppo edilizio: centri commerciali, grattacieli e gated communities.

Il simbolo di questo nuovo potere si condensa nella Lotus Tower, ancora in costruzione e finanziata dalla Cina.

Ci aggiriamo tra le sale dell’hotel-museo con molto interesse finché ci ritroviamo all’ultimo piano in cui ci vengono fornite delle cuffie da cui ascoltare racconti e osservare nel contempo il panorama della città.

Finalmente arriva il messaggio di M. e S.: sono arrivati alla stazione di Colombo e ci diamo come appuntamento il Dutch Hospital, che avevamo già visitato il primo giorno.

Quando arrivano, decidiamo di sfruttare i bagni dei lussuosi locali della zona per darci una pulita e ci mettiamo in cammino in direzione della spiaggia cittadina. Ci portano in un posto diverso rispetto a quello in cui siamo stati il primo giorno a Colombo. Non ci sono costruzioni, ma solo una spiaggia semi-deserta che si estende lungo il manto stradale. Ma ormai è buio e non ha molto senso contemplare il paesaggio. Mentre passeggiamo M. è curiosa di sapere e di ascoltare le storie dei tamil che abbiamo incontrato sia a Palermo che nel nord dello Sri Lanka e  ci chiede quali idee ci siamo fatti sulle responsabilità del conflitto appena concluso. Ci racconta di aver letto molti articoli scientifici sulla questione della riconciliazione tra tamil e singalesi e ci sintetizza le convulse fasi in cui i norvegesi hanno tentato di porsi da mediatori nel conflitto, promuovendo uno stato federale. I norvegesi? ci chiediamo, stupiti. Cosa li avrà portati mai a “impicciarsi” in una questione così delicata? M. non sa darci una risposta, ma è sicuramente qualcosa che domanderemo ai Tamil di Palermo quando torneremo a casa.

Decidiamo di andare a cenare a Sri Jayawardenapura Kotte (chiamata da tutti semplicemente Kotte), capitale amministrativa dello Sri Lanka dove abita il ragazzo singalese amico di M.. Saltiamo su un tuk tuk per riprendere gli zaini che abbiamo lasciato alla stazione dei treni perché poi verremo ospitati direttamente da S.. Arriviamo ma il guardiano dorme. Con molta delicatezza, per non disturbarlo, apriamo l’armadietto e riprendiamo i nostri averi, soffocando le risate.

 

A cena ci ritroviamo con dei ragazzi tedeschi che sono appena atterrati in città. Alloggeranno a casa di S. e ne approfittiamo per dare loro delle dritte per il viaggio. Dal water’s edge dove ci troviamo, un locale che strizza molto l’occhio alla moda e ai gusti occidentali, ci muoviamo tutti insieme verso casa: finalmente possiamo risposarci un po’ e fare una doccia prima di andare in aeroporto.

Tra una chiacchiera e l’altra in cui S. ci racconta dei suoi continui viaggi in Europa, soprattutto a Vienna, e del modo di vivere della gioventù di Colombo, la discussione finisce per ricadere sullo scontro tra tamil e singalesi.

M. infatti sostiene che la trattativa mediata dai norvegesi per la creazione di uno stato federale sarebbe fallita per il rifiuto del governo singalese. S. invece considera che sia stata colpa dell’intransigenza dei tamil che vorrebbero l’indipendenza e non uno stato federale. Bisogna trovare un modo per vivere insieme senza essere nazionalisti. - ammette - E poi se guardi in senso più ampio ti rendi conto che il potere decisionale di tamil e singalesi è minimo. Tutto è deciso da Stati Uniti, Cina e India. Il ragazzo allude al fatto che dietro le decisioni nazionali ci sono interessi economici e geopolitici più grandi.

Ormai è quasi mezzanotte e il nostro ospite chiama il suo autista di tuk tuk di fiducia. L’uomo, piccolo e magrolino, ci carica nella sua moto ape lanciandoci in una corsa folle e sfrenata dove più volte rischiamo di finire fuori strada. Ne è consapevole e si volta di continuo verso noi tre, poveri malcapitati, sogghignando beffardamente. Per fortuna arriviamo in aeroporto sani e salvi e Laura trova la forza di mandare un messaggio alla coppia di amici che abbiamo appena lasciato: meno male che era l’autista di fiducia!!!

 

Queste due settimane sono davvero volate: abbiamo incontrato dei nuovi amici e abbiamo raccolto le loro storie. Vista da vicino la realtà del conflitto ci è apparsa diversa dall’idea che ci eravamo fatta tramite i media: abbiamo scoperto due raggruppamenti etnici diversi per lingua, religione e abitudini culturali, ma accomunati da un reciproco rispetto e dal disprezzo comune per una guerra d’interesse gestita dal governo che ha provato a fomentare un odio etnico fra le due parti. Da quello che abbiamo visto, però, non ci è riuscito. Quindici giorni però sono pochi per tracciare un bilancio così generale e per cercare di districare l’intreccio di una verità che come sempre si presenta complessa e parziale. Abbiamo anche scoperto che il nord del paese e la nostra città di partenza hanno un legame molto più stretto di quello che avevamo pensato all’inizio. Dalla loro commistione è nato per noi che abbiamo vissuto questa esperienza e per i tamil che abbiamo incontrato, un terzo spazio, quello dell’emozione. Adesso ci attende l’ultima parte del nostro viaggio, il ritorno: non vediamo l’ora di rincontrare i nostri “complici” iniziali!


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