La casa dello zio

Sono le quattro del mattino. E piove incessantemente. I nostri zaini sono pronti, accucciati sotto la tettoia. Noi un po’ meno. Un attò ci aspetta davanti al cancello per portarci alla stazione dei bus di Jaffna. Da lì il nostro viaggio proseguirà per Kandy. I festoni floreali appesi in occasione del matrimonio si sono abbassati sotto la furia dell’acqua e dobbiamo scansarli per arrivare all’uscita. Per fortuna lo zio di T. ci accompagna ad uno ad uno con il suo ombrello.

I giorni trascorsi a Jaffna hanno avuto un sapore diverso grazie all’ospitalità offerta dallo zio. Unico avvocato e notaio della zona, S. è stato il solo della famiglia a non avere mai lasciato il paese durante la guerra continuando, attraverso le sue mediazioni politiche, a sostenere la causa tamil. Per 25 anni ha abitato a Colombo insieme alla moglie e alla figlia per poi ritornare a Jaffna a seguito del cessate il fuoco. Fin da Palermo avevamo sentito parlare di lui: T. infatti ci aveva detto che uno zio avvocato lo sarebbe venuto a prendere in aeroporto, proprio per scongiurare qualsiasi problema di ordine politico e burocratico. Poi ci siamo ritrovati ospiti a casa sua, una bellissima villa dove abita con la moglie, lontana dal caotico centro di Jaffna.

Il nostro interlocutore palermitano ci aveva confidato che lo zio S. e la moglie avevano qualche perplessità all’inizio ad invitarci per paura che la loro ospitalità non fosse all’altezza delle nostre aspettative. Qui appena vedono un europeo pensano che sia chissà chi, un principe, ma io li ho rassicurati dicendo che a Palermo c’è gente alla buona che si adatta facilmente, ci dice T.

Le prime conversazioni tra noi ed S. erano però avvenute tramite la mediazione del nostro amico ristoratore, che la prima notte aveva deciso di restare a dormire con noi proprio per rassicurare gli zii. All’inizio pensavamo che S. e la moglie non parlassero molto bene inglese o comunque non avessero molta voglia di conversare, dal momento che venivano costantemente tradotti da T.

In realtà ci sbagliavamo di grosso. Nei giorni successivi, trascorrendo del tempo soli con lo zio in veranda (a colazione, nel pomeriggio o dopo cena) abbiamo scoperto infatti una persona molto interessante e anche molto interessata alle nostre opinioni in merito allo Sri Lanka e al conflitto; per di più parla anche un ottimo inglese.

S. conosce molto bene la storia e la filosofia occidentale ed è molto coinvolto nella vita politica e intellettuale del suo paese: è infatti un marxista leninista e scrive in diversi giornali e riviste. Un giorno decide di regalarci le copie di una di queste, dato che pubblicano in inglese. Ci rendiamo conto che non è solo un punto di riferimento per la vita culturale dello Sri Lanka, ma anche per le persone del villaggio in cui abita. Casa sua è infatti come un porto sicuro in cui fermarsi un momento o per più tempo a fine giornata. Il cancello è sempre aperto: chiunque può entrare e scambiare due chiacchiere sorseggiando una tazza di tè. 

A noi piace molto stare seduti nel giardino a conversare. Ad esempio, il giorno del matrimonio, ci ritroviamo la sera tutti stremati, seduti in cerchio, a prendere un po’ di fresco: lo zio e gli altri parenti, fra l’altro, si sono alzati alle tre del mattino per ultimare i preparativi in vista del rito che è cominciato alle cinque. Anche il padre dello sposo ci fa compagnia, dato che in questi giorni ha dormito a casa del fratello. Questo momento di calma lo induce a iniziare una conversazione con noi, che siamo stati la “preda” più ambita della sua telecamera, i suoi compaesani di Palermo! Ci racconta di essere stato il primo del suo villaggio ad essere emigrato a Palermo a metà degli anni ’80 e che, nonostante adesso abiti da più di 20 anni a Toronto, questa città gli è rimasta nel cuore perché è a partire da lì che ha dovuto ricostruire una nuova vita. A riprova di questo, parla infatti un buon italiano, mentre il suo inglese lascia alquanto desiderare, ci dicono i suoi parenti prendendolo bonariamente in giro. Quando è arrivato a Palermo faceva le pulizie presso uno studio d’avvocato, adesso in Canada invece fa l’autista. Ci tiene a dirci dove stava di preciso il suo datore di lavoro: ha un certo orgoglio palermitano da mostrare anche a noi e vuole farci vedere che si ricorda ancora tutto di questa città. Sai dove lavoravo io? Tra via libertà e via duca della verdura, dove abitava l’avvocato Balconi. Dai nostri volti intuisce che non abbiamo capito di chi sta parlando e la cosa lo stupisce enormemente: come non lo conosci? È famosissimo! Continuiamo a scuotere la testa, allora decide di darci più dettagli: l’avvocato Balconi, l’albero, la bomba nell’autostrada! Finalmente abbiamo capito: il magistrato Falcone! Esatto, ci dice lui, finalmente soddisfatto. Ha abitato a Palermo dall’inizio degli anni ’80 a metà degli anni ’90 anche lui ha impresso nella memoria come qualsiasi siciliano, i segni, i luoghi e i protagonisti della sanguinosissima lotta di mafia. Dopo questo siparietto involontariamente comico (in questi 10 giorni abbiamo capito che gli sri lankesi hanno difficoltà a pronunciare la “f”) arriva un ragazzo, studente di giurisprudenza a Colombo, definito da tutti il “discepolo” politico dello zio. E’ l’occasione per avere un quadro più completo della guerra civile. Lo zio infatti sostiene che le tigri tamil siano state manovrate dal governo indiano che le ha usate per destabilizzare lo Sri Lanka e fare i suoi interessi: La guerra è il frutto dell’imperialismo indiano. Se da una parte le tigri venivano addestrate nei campi del Tamil Nadu, dall’altra l’India sosteneva militarmente il governo cingalese.

Ma quella delle tigri è una rivoluzione fallita, continua lo zio, perché hanno imposto il loro volere con la violenza senza cercare l’appoggio del popolo e portando terrore tiene a sottolineare. Ma nulla di questo conflitto si può veramente capire se non si fa un passo indietro. Sono stati i colonizzatori, inglesi in primis, a realizzare una politica del divide et impera, distinguendo etnicamente, religiosamente e politicamente i tamil dai cingalesi dando un ruolo privilegiato ai primi. Non appena si è raggiunta l’indipendenza si è scatenato il risentimento della maggioranza cingalese sull’élite tamil. Lo sapete che secondo la Costituzione in Sri Lanka il presidente non può essere tamil?

Il ragazzo che gli siede accanto annuisce e ci chiede maggiori informazioni sui nostri studi. Così ci ritroviamo a discutere di critica postcoloniale. Lui ci dice che interpreta l’espressione postcoloniale in termini negativi e attuali guardando al nuovo imperialismo attuato dalle multinazionali nei paesi in via sviluppo. Quando invece ci troviamo a riflettere sul passato che influenza le dinamiche contemporanee, interviene nuovamente lo zio: anche l’Italia ha condotto un’atroce politica coloniale. L’avete mai visto il film “Il leone del deserto” sul colonialismo italiano in Libia? Il film effettivamente è rimasto per anni un tabù in Italia e solo recentemente proiettato in televisione (non quella di stato) dopo più di venti anni di censura. Questo a riprova del silenzio che vige sul passato coloniale italiano con le annesse responsabilità che ne conseguono.

Un ultimo sguardo alla casa prima di partire. Quelle con lo zio non sono le uniche chiacchierate che abbiamo avuto. Fino a qualche ora prima eravamo a conversare con la zia che finalmente si è aperta parlando con noi per quasi due ore.

Ci ha raccontato della sua vita a Colombo durante gli anni della guerra e del periodo di insegnamento trascorso in una scuola di Kandy che rimane per lei la sua città preferita. Ci ha confessato che le manca la vita a Colombo dove aveva molti amici. Da quando sono tornati a Jaffna hanno ritrovato una città svuotata dei suoi abitanti che ormai vivono tutti all’estero: solo nel periodo delle vacanze è possibile rivedere i vecchi amici. Ma mi piace questa casa, ammette e ci invita a seguirla nella sua camera da letto, attraversando la stanza della figlia che, insieme alla sua nipotina, sta colorando l’album che le abbiamo da poco regalato. Adoro il mio Budda, ci confida mostrandoci una statua di Siddartha posizionata in alto su un armadio. Siamo colpiti. Una signora tamil che apprezza il culto del buddhismo, nonostante proprio a causa delle pressioni del clero buddista il conflitto contro i tamil ha assunto i toni più cruenti. Buddha mi dà serenità. Questa statua è stata comprata a Kandy, la vostra prossima tappa. E’ l’unica cosa che abbia mai chiesto di comprare a mio marito.

La zia si è poi offerta di accompagnarci a casa di T., dato che noi volevamo andare a salutare la sua famiglia, anche se in realtà per le abitudini del posto è già abbastanza tardi. Non volendo disturbarla, abbiamo aspettato pazientemente la chiamata del nostro amico e finalmente riusciamo a raggiungere lui e la sua famiglia. Il papà e la mamma già dormono sul portico. I ragazzi sono dentro a guardare la tv. Il matrimonio li ha distrutti. Si alzano per noi e ci servono l’immancabile tazza di tè oltre a qualche frutto e dolciume. Consegniamo a tutti le foto scattate con dedica e ci salutiamo fra abbracci e promesse di rivederci. Grazie a voi, che avete confermato alla mia famiglia con il vostro calore il motivo del mio attaccamento a Palermo - ci risponde T.

Adesso è tempo di tornare al presente. E’ l’ora di andare. Arrivederci Jaffna. 


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