Sigiriya

da Sigiriya a Trincomalee, 15 agosto


Dopo una veloce colazione a base di mango e papaya, comprati il giorno prima al mercato, prendiamo un bus proprio di fronte alla guesthouse diretto a Sigiriya, sita a  mezz’ora da Dambulla.  Poco prima delle otto del mattino il bus ci lascia in un punto non lontano dall’ingresso: tutti ci avevano consigliato di andare al mattino presto per sfuggire alle ore più calde e alla folla dei turisti. Sigiriya, infatti, anch’ essa patrimonio UNESCO dell’umanità è uno dei siti turistici più importanti del paese come dimostra anche il costosissimo prezzo di ingresso: 30 dollari! In teoria, per molto meno, si può visitare la montagna antistante Sigiriya, limitandosi ad una vista panoramica dall’esterno. D’altro canto però, anche se il nostro viaggio vuole essere alternativo e fuori rotta, il luogo è un must consigliato da quasi tutti i nostri interlocutori tamil. Dopo aver sborsato, a malincuore, una cifra sufficiente a sostenerci per più di tre giorni, iniziamo la visita. Percorriamo l’antico ingresso, costituito da lussureggianti giardini e circondato dall’originaria cinta muraria, mentre si staglia imponente, davanti a noi, la rocca, residuo di una placca magmatica erosa dal tempo.

Tra gli storici il dibattito è ancora aperto per capire se si tratti di un sito con funzione religiosa o un’antica e inespugnabile fortezza. Ci inerpichiamo sui gradini sempre più ripidi e dopo aver osservato degli affreschi situati lungo la pareti interne della roccia, arriviamo sulla piattaforma da cui partono le scale finali per raggiungere la sommità. Nell’ultima parte, le scale passano in mezzo ai resti di una gigantesca statua di un leone, di cui oggi rimangono solo le zampe.

Ci era stato detto che questo ultimo tratto di salita era molto pericoloso, tanto da dover arrivare in cima rimanendo tenuti a delle funi fissate alla roccia (vedi qui). Oggi per fortuna ci sono delle normali scale ma riusciamo a riconoscere i resti della vecchia via.

Arrivati in cima si apre una veduta a 360 gradi. Dell’antica fortezza-tempio sono rimaste solo le fondamenta e le vasche in cui si usava raccogliere l’acqua piovana. Ci godiamo un po’ il panorama soddisfatti di aver completato l’ascesa e poi riscendiamo. 

Dopo un pranzo veloce a base di piccanti pezzi di rosticceria torniamo nella guesthouse per prendere gli zaini. Il bus per Trincomalee, la nostra prossima tappa, passa proprio di fronte al nostro ingresso e il proprietario rimane con noi mezzoretta ad aspettare che passi. Qui anche se non si è alla fermata basta fare un cenno con la mano per fermare la corsa e salire rapidamente. 

Non si rifiuta mai l’ingresso ad un passeggero, anche qualora il bus sia stracolmo. Questo è proprio il nostro caso! Saliamo nel bus con folla da grandi occasioni e quindi per il momento restiamo in piedi. Fortunatamente alla prima fermata nella strada principale di Dambulla gran parte dei passeggeri scende, ma altrettanti ne salgono. Nel ricambio riusciamo a conquistare tre posti ma Giuseppe cede il suo ad un’anziana e simpatica signora. Pagherà il suo altruismo passando in piedi metà del viaggio di tre ore. 

Nel mezzo del tragitto iniziamo a notare una notevole differenza nelle zone sia nel paesaggio naturale - meno collinoso e più arido - che in quello urbano. Mentre la zona tra Colombo e Dambulla presentava un susseguirsi di trafficati villaggi e cittadine, in questa zona i villaggi si fanno meno frequenti sebbene aumenti notevolmente la concentrazione di campi militari. Stiamo entrando in territorio tamil, teatro di guerra per più di trenta anni.

Arrivati alla stazione bus di Trincomalee prendiamo un tuk tuk per la nostra guesthouse che si trova nella località di Uppuveli, a qualche chilometro di distanza dal centro. Anche qui si tratta di una famiglia che da circa due anni ha deciso di affittare ai turisti le stanze della loro villetta poco distante dal mare. Veniamo accolti da un simpatico signore di mezz’età che mastica qualche parola d’inglese e dal figlio ventenne con il quale invece scambiamo qualche battuta in più. Si chiama Achi (per gli amici: in realtà il suo nome è molto più lungo e impronunciabile per noi!) e studia tecnologie agroalimentari all’università di Badulla, una città dell’entroterra vicino alla località montuosa di  Nuwara Eliya. È lui che gestisce le prenotazioni dei turisti via internet, per il momento si trova a Trincomalee in occasione della pausa elettorale, ma la prossima settimana tornerà nella sua sede di studio. Mentre sorseggiamo un succo di avocado che ci hanno preparato nel frattempo, vediamo arrivare la madre a bordo di un traballante motorino: è una poliziotta e sta ritornando solo ora (è già tardo pomeriggio) a casa. 

Salutiamo e andiamo a fare un salto nella spiaggia che è a due passi: i turisti sono ancora pochi, ma notiamo subito che la zona è in forte espansione. Lungo il breve tragitto ci imbattiamo in numerosi cantieri di strutture alberghiere in costruzione, mentre sul mare l’unico lido attrezzato (fino ad ora) spara musica occidentale a palla e vende super alcolici. Poco più in là, invece, il posto sembra ancora incontaminato: incontriamo solo qualche cane che passeggia vicino alle barche ormeggiate dei pescatori. 

La sera, dopo cena, torniamo lì per fare due passi e ci fermiamo a parlare con un ragazzo che si era avvicinato a noi incuriosito. Anche lui si trova lì per camminare sulla spiaggia e soprattutto scrutare le piccole barchette di pescatori che si vedono all'orizzonte: gli ricordano il suo vecchio lavoro. Ci dice infatti di aver fatto per molti anni il pescatore, ma poi di avere smesso perché non poteva più sopportare la vista di tutti quei pesci morti. Adesso fa la spola tra la sua città di origine, Mirissa, località turistica al sud del paese, e Trincomalee dove va quando da lui è la stagione dei monsoni, periodo che va circa da giugno a settembre. La sua passione resta però sempre il mare: ora accompagna infatti i turisti a fare immersioni o snorkeling nelle zone limitrofe. Dato che ormai mostra una certa confidenza nei nostri confronti, gli chiediamo cosa ne pensa delle elezioni che si svolgeranno l’indomani e che opinione ha riguardo alla guerra trentennale tra cingalesi e tamil. Ci dice di essere abbastanza disinteressato alle vicende politiche dal momento che ritiene anche che il voto di domani non cambierà di fatto nulla nel paese. Lui è cingalese, ma non nutre nessun risentimento nei confronti dei tamil, per lui la guerra, infatti, non è stata frutto dell’odio tra i due gruppi etnici, ma è stata scatenata solo da un’ottusa politica del governo centrale. Anche nei confronti delle Tigri tamil il suo giudizio non è più tenero: ci dice, infatti, che per anni hanno taglieggiato i pescatori di questa zona espropriando loro gran parte dei guadagni per poter finanziare le spese belliche. Come sempre la realtà si rivela più complessa di come appare.

Tornando a temi più leggeri, ammette, guardando verso il lido che sta offrendo una serata disco, che il sud del paese è molto più turistico e ricco di locali notturni rispetto a “Trinco” in cui non c’è ancora niente. La cosa non sembra infastidirlo: anzi rimpiange le serate sfrenate fino a notte fonda di Mirissa! Prima di salutarlo scopriamo anche che fa un secondo lavoro: il cuoco. Ci dice infatti che il proprietario di una guesthouse l’ha contattato per preparare una cena a base di pesce l’indomani sera. “È la nostra cena”, gli diciamo quasi in coro, sorpresi da questa coincidenza: di pomeriggio infatti, il proprietario ci aveva chiesto se volessimo cenare da loro il giorno dopo e noi avevamo accettato. Restiamo ancora un po’ a guardare l’oceano con lui e poi torniamo verso la guesthouse, tanto ci rivedremo domani sera!


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