22 agosto

 

La mattina dopo il matrimonio, al risveglio, troviamo la casa dello zio come sempre piena di gente: la moglie, la figlia, la nipotina e il padre dello sposo sono già svegli e subito ci offrono del tè e i dolci del giorno prima. Pure Francesca, nonostante più di quattro rifiuti, si vede portare una tazza fumante di Ceylon tea.


Il piano della giornata è molto intenso. E’ il nostro ultimo giorno a Jaffna e vorremo visitare le ultime cose segnate sulla nostra mappa. Prima di tutto vogliamo andare ad esplorare meglio l’isola di Kayts da cui provengono molti tamil palermitani e che abbiamo visto solo di passaggio lungo la strada per Nainativu, quando abbiamo fatto la gita in motorino. Dopo vorremo andare in centro a Jaffna per cercare dei pensierini per la famiglia di T. così da ringraziarla per la sua ospitalità. Con l’occasione, vorremmo anche passare dal quartiere da cui provenivano i genitori del ragazzo incontrato al pub e finalmente entrare nella Biblioteca di Jaffna. Ancora più importante sarà visitare sulla via del ritorno la vecchia scuola della vicina di Francesca.

Con questo lungo programma davanti a noi saltiamo su un bus, sotto indicazione dello zio, diretto all’ imbarcadero da cui partirà un traghetto che ci porterà all’isola di Kayts in soli 5 minuti. Arrivati a destinazione, un ragazzo della marina che gestisce i trasporti, ci avvisa che il prossimo traghetto partirà dopo un’ora. Sconsolati ci sediamo sul moletto dove già un paio di persone attendono e guardiamo l’altra riva che dista meno di un km. Si potrebbe quasi andare a nuoto… Usiamo il tempo di attesa per scrivere e fare il punto su tutte le esperienze vissute fino ad ora. 

Il cielo è plumbeo e non soffia un alito di vento. La zona è alquanto desolata e l’atmosfera surreale.

Dopo un’ora abbondante il moletto si è riempito e finalmente saliamo sulla barca, badando sempre a sistemarci sul tetto. 

Siamo al villaggio di Kayts, o almeno a quello che ne è rimasto. Il posto è semi abbandonato tanto che i nostri passi riecheggiano mentre ci incamminiamo lungo la riva costeggiando la laguna. Dopo un po’ incontriamo dei ragazzi che ci chiedono timidamente se possono farsi una foto con noi usando però la nostra macchina. A loro non sembra importare il fatto di possedere le foto ma più l’idea di lasciare il loro ricordo a qualcun altro. O forse, chissà, magari qualche fotografo o giornalista è già passato da queste parti e ci stanno offrendo quello che credono possa farci piacere. 

Lungo la strada ci accorgiamo di essere seguiti da dei bambini che hanno molta voglia di giocare. Ogni volta che ci voltiamo, si nascondono infatti tra delle macerie ridendo. Le case, d'altronde, sono semidistrutte e i muri puntellati dai segni dei proiettili. 

Nel frattempo i bambini non ci mollano un attimo e alla fine anche loro ci chiedono di scattare delle foto e si mettono in posa contenti.

Arriviamo alla fine della strada dove c’è una piccola stazione della marina con un moletto diroccato. Ci addentriamo per vedere meglio la laguna e l’isola fortezza che spunta in mezzo all’acqua. Di questo forte olandese ci avevano parlato i nostri contatti palermitani. Oggi il forte è un resort di lusso con sole 4 camere gestite dalla marina militare per il turismo interno cingalese. Un altro segno dell’oppressione governativa che ancora segna la zona.

Vorremmo continuare a costeggiare la laguna, ma la strada battuta finisce lì. Per spingersi oltre si dovrebbe camminare su una spiaggia desolata. Purtroppo non sappiamo se questa aerea è stata definitivamente bonificata dalle mine e, per precauzione, evitiamo di avventurarci in posti deserti. Non ci resta che addentrarci nel villaggio. 

Dopo avere visto la chiesa principale ed essere passati per l’ennesima strada di case distrutte arriviamo a quello che rimane del centro del villaggio: un ufficio postale, qualche negozietto di alimentari e qualche casa mangiata dalle piante. Chissà quali storie nascondono queste mura. In contrasto con questo scenario desolante però, anche qui troviamo un discreto fermento edilizio: nella strada principale vediamo numerosi cantieri e molti negozi stanno (ri)aprendo.

Ci informiamo sul prossimo bus per Jaffna: solo mezzora d’attesa.

Contenti del tempo di attesa quasi ragionevole prendiamo un po’ di frutta e poi saltiamo sul mezzo con i suoi pochi passeggeri. I 20 km che ci separano da Jaffna li percorriamo in un’interminabile ora e mezza lungo strade di campagna passando per tutti i villaggi dell’isola. Per un attimo abbiamo temuto anche il peggio: a un certo punto il motore si è spento di botto, ma poi il conducente è riuscito a  farlo ripartire.

Alla fine giungiamo a Jaffna esausti e ci fermiamo a pranzare in un ristorantino che ci fa attendere un’altra ora per servirci, nonostante sia mezzo vuoto: non è proprio la nostra giornata!

Dopo l’interminabile pasto ci aggiriamo attorno al mercato in cerca di qualche pensiero da regalare a tutti i nostri accompagnatori, ma non troviamo nulla che ci soddisfi. 

In compenso incontriamo un fruttivendolo che ha vissuto per molti anni a Palermo ed è tornato in Sri Lanka da solo tre mesi. Come tutti quelli che abbiamo conosciuto, anche lui è entusiasta nel vedere lì dei suoi ex concittadini. Non ricorda molte parole in italiano, ma due sì, che ci ripete a loop con fare scherzoso: domani appuntamento!  “Sì, appuntamento a domani”, esclamiamo noi ridendo, sapendo che questo invece è il nostro ultimo giorno qui. 

Nel frattempo ci chiama S. e ci dice che ci sta raggiungendo per stare un po’ con noi prima della nostra partenza. Era andato a sviluppare delle fotografie di cui è un appassionato. Eureka! Ci viene l’idea di regalare a ciascuno una delle miriadi di foto scattate insieme in questi giorni con una dedica di ringraziamento. Così, una volta arrivato il pazientissimo S., gli chiediamo di accompagnarci in un negozio dove possano svilupparle. Il business dei fotografi va a gonfie vele a Jaffna viste le numerose cerimonie e festeggiamenti e la voglia di tutti di conservarne un ricordo.

Arrivati al negozio aspettiamo un bel po’ prima di poter usufruire dell’unico pc disponibile. Dopo aver inviato la stampa andiamo a prendere un ultimo succo di frutta con S. in attesa delle foto . 

Lui ci saluta temporaneamente per andare a ritirare le sue fotografie visto che l’orario di chiusura si avvicina, noi intanto andiamo a prendere le nostre. Il tramonto è vicino e dobbiamo rinunciare alla visita di Guadanapur, il quartiere dei genitori del ragazzo del pub.  Proviamo a vedere almeno se riusciamo ad entrare nella libreria di Jaffna. Lungo il cammino ci incontriamo per l’ultima volta con S. e lo ringraziamo per la simpatia e la disponibilità nei nostri confronti e per l’averci scarrozzato in lungo e in largo per la penisola. Gli offriamo in dono la nostra foto con dedica. Ho appena sviluppato la stessa foto, ammette e ci congeda con un ci rivediamo nella nostra bellissima Palermo. Quando volete ci mangiamo un kottu cucinato da mio fratello.

Arriviamo alla biblioteca in orario chiusura, ma dopo tante insistenze riusciamo a dare una rapida occhiata al suo interno. La struttura è tutta rinnovata e sembra abbastanza frequentata, forse sta tornando ad essere un punto di riferimento per la cultura tamil. Prima di entrare nella sala lettura però, sopra la porta a mo’ di monito, una fotografia mostra l’edificio semi distrutto all’indomani del terribile incendio. 

Ci rimane un’ultima missione da compiere: andare alla scuola della vicina di Francesca. Con le indicazioni scritte a mano, dopo una trattiva estenuante con un attò, conclusa grazie alle abilità di contrattazione di Laura e Francesca e nonostante i tentativi di boicottaggio di Giuseppe, riusciamo a raggiungere la scuola che è già buio.

La scuola è chiusa, ma un gentilissimo custode ci viene ad aprire e ci mostra fiero le aule e la struttura da poco rinnovate. Ci aggiriamo per il giardino in compagnia dell’autista dell’attò che ci fa da mediatore (è l’unico a parlare inglese) e del custode a cui se n’ è aggiunto un altro, incuriosito dalla nostra strana richiesta. 

Dopo avere scattato le foto da fare vedere al nostro ritorno, arriviamo a casa dello zio. Non c’è nessuno, solo la misteriosa moglie che dopo giorni di timido silenzio si apre con noi sfoggiando un ottimo inglese e raccontandoci un po’ della sua vita.  

Quante storie, riflessioni ed emozioni riecheggiano in questa casa. Non ci resta che raccontarvele…