Entriamo in città sotto una pioggia scrosciante, che non accenna a diminuire di intensità. Siamo molto eccitati al pensiero di incontrare due delle persone che avevamo conosciuto a Palermo. Nel pomeriggio, infatti, dovremmo incontrare S., che ci era venuto a prendere all’aeroporto di Colombo, mentre di sera abbiamo un appuntamento con T., il proprietario del ristorante: è riuscito ad entrare nel paese nonostante il suo passato di strenuo oppositore del governo e dopo 26 anni ha rimesso piede nella sua Jaffna.

La sera prima ci eravamo sentiti al telefono: noi gli avevamo chiesto di consigliarci una sistemazione economica in città, ma lui ha rilanciato proponendoci di dormire per la prima sera in un hotel di un suo lontano parente e per le successive di essere ospiti da lui o dallo zio, che possiede una casa molto grande. Ovviamente abbiamo accettato con entusiasmo. 

Salutiamo il nostro autista che è stato con noi per più di 5 ore e andiamo a posare gli zaini in hotel che si trova vicino alla centralissima Clock tower.

Alla reception scopriamo che uno dei dipendenti ha vissuto a Palermo prima di ritornare a Jaffna. E sebbene non ricordi molte parole in italiano, ha invece memorizzato le vie e i quartieri della città che ha attraversato. Sembra stupito di vederci e, al dire vero, anche noi siamo sorpresi nel sentire elencare, a migliaia di chilometri di distanza, quelle strade che abbiamo da poco lasciato.

L’adrenalina per essere nella città da cui provengono quasi tutti i tamil di Palermo ci porta ad ignorare il diluvio e le enormi pozzanghere da superare e quindi ci avventuriamo per il centro in cerca di qualcosa da mangiare e alla scoperta del grande mercato che si trova a due passi da lì. 

Ma dopo circa un’ora trascorsa all’aperto ci accorgiamo di essere stati troppo ottimisti: è praticamente impossibile continuare a passeggiare! Anche S., con cui avevamo appuntamento nel pomeriggio, è costretto a disdire perché è rimasto bloccato nel traffico con la moto e si è rifugiato in un negozio in attesa che la pioggia scemi. Non ci resta dunque che fare ritorno in albergo e sperare che arrivi il sereno. Dopo qualche ora avviene il miracolo: il sole! Decidiamo quindi di riprendere la nostra passeggiata interrotta. Mentre camminiamo senza una vera direzione ci ritroviamo nei pressi di uno stadio. Sembra inagibile. Delle ruspe posteggiate in fondo ci confermano che ci sono dei lavori in corso. Non è uno stadio qualsiasi.

Ci fermiamo a guardare la nostra mappa. Anche questo luogo è stato segnato da uno dei tanti tamil di Palermo. Nel 1999, quando furono avviati i lavori di ristrutturazione dell’impianto, è stata rinvenuta una fossa comune. 25 scheletri. Ma nessuna targa lo ricorda. E nessuna reale indagine che faccia luce sull'accaduto. Senza questa testimonianza, raccolta a Palermo, anche noi saremmo probabilmente passati avanti noncuranti dell'atroce episodio.

E’ ora di raggiungere T. che ci ha invitati ad assistere al festival indù che si sta volgendo proprio in questi giorni nel tempio di un suo zio. Contrattiamo come al solito con l’autista dell’attò che ci deve portare in questa zona un po’ distante dal centro. Abbiamo una carta da giocarci: il foglietto con l'indirizzo del tempio in tamil che il proprietario del ristorante ci ha lasciato a Palermo.

Arriviamo che è già buio perché qui il sole tramonta presto (alle 19): ormai ci abbiamo fatto l’abitudine! Scendiamo in un vasto spiazzo pieno di fango a causa del maltempo e vediamo subito T. che ci viene incontro a braccia aperte: tra Palermo e Jaffna c’è la distanza di un abbraccio.

Ce l’avete fatta, siete davvero qui, non l’avrei mai detto quando ci siamo incontrati al ristorante: siete coraggiosi!  Ci dice festante e facendo segno nel frattempo di toglierci le scarpe perché ci troviamo già in un’area sacra. Ci rendiamo conto di essere un elemento di novità per la vita del villaggio, ci guardano tutti incuriositi e sorpresi di trovarci lì. Molto probabilmente si stanno chiedendo cosa ci fanno tre italiani in posto sperduto della città e per di più in compagnia di un loro concittadino! Ma sarebbe una storia troppo lunga da raccontare... Dopo qualche minuto siamo già dentro al tempio in compagnia del nostro amico e della sua famiglia. 

Tra qualche giorno infatti si sposa un loro parente e per questa occasione è venuta da Toronto sua sorella insieme al marito e i tre figli. Facciamo subito amicizia con le due figlie adolescenti che parlano un ottimo inglese dal momento che sono nate in Canada. La prima volta che sono andate in Sri Lanka erano molto piccole, quindi per loro queste vacanze sono l’occasione per conoscere il paese dei loro genitori. Ci confessano che lo shock culturale è stato abbastanza forte: anche se parlano tamil, mangiano e si vestono secondo la tradizione, lo stile di vita è molto diverso rispetto a quello che vivono e praticano nella loro quotidianità canadese. Al momento però non abbiamo molto tempo per approfondire la conversazione, visto che il loro vulcanico zio ci costringe a soste continue per scattare foto davanti alla statua di Ganesha o di qualche altro, mentre continua a spiegarci ogni cosa sulla cerimonia che si sta svolgendo sotto ai nostri occhi e sul pantheon induista. Tra le altre cose ci dice che i templi sono proprietà dello Stato, ma la loro gestione viene affidata a privati, per questo può dire dunque che ci troviamo nel tempio “di suo zio”! 

Dopo la cerimonia raggiungiamo il resto della famiglia nella casa in cui hanno abitato prima di fuggire dalla guerra. Tutta la famiglia di T. è andata a Palermo sul finire degli anni ’80, poi sia sua sorella che i suoi genitori si sono trasferiti a Toronto dove hanno raggiunto altri parenti che già stavano lì: solo lui è rimasto in quella che ormai considera la sua città. Ci sediamo in veranda dove conosciamo i genitori, lo zio (non il “proprietario” del tempio, un altro), il futuro sposo e suo padre e il cognato di T. Non abbiamo il tempo di sederci che già ci riempiono di cose da bere e da mangiare e ci chiedono con interesse qualcosa su di noi e sul nostro progetto. 

Trascorriamo qualche ora chiacchierando piacevolmente e trangugiando litri di nelli juice che scopriamo essere delizioso finché il nostro amico non chiama un attò per riaccompagnarci in albergo. Sono già le dieci di sera e domani ci aspetta una giornata impegnativa: T. e la sua famiglia infatti hanno intenzione di fare una visita della città, per loro che vogliono rivedere dei luoghi da cui mancano da molti anni e per chi non li ha mai visti come i nipoti. O come noi. Ci chiedono infatti se abbiamo voglia domani di partecipare a questa gita di famiglia alla (ri)scoperta di Jaffna. Non ce lo facciamo dire due volte. Saremo i passeggeri inattesi del pulmino che hanno affittato per l’occasione. Li salutiamo entusiasti e non vediamo l’ora che arrivi domani.